martedì 14 febbraio 2012

Disabilità e cittadinanza: un'Italia invisibile

Disabilità e cittadinanza
È un’Italia invisibile, sottratta alla responsabilità della politica e celata al palcoscenico dei grandi media, quella che emerge dalle ricerche presentate in questi giorni dalla Fondazione Cesare Serono e dal Censis. Un ritratto della “dimensione nascosta delle disabilità” che vede protagoniste, in particolare, le persone affette da sclerosi multipla o autismo e le loro famiglie. Famiglie lasciate completamente sole nel 38,1% dei casi, con un’assistenza informale quotidiana demandata all’accudimento esclusivo dei familiari conviventi, che chiedono un impegno maggiore nel rafforzamento dei servizi socio-assistenziali e un potenziamento degli aiuti economici o degli sgravi fiscali concessi alle persone con disabilità.
La linea di tendenza che sembra prevalere in questi ultimi anni è però di segno inverso. Nel 2010 l’Inps ha avviato una mastodontica campagna di verifica delle pensioni d’invalidità annunciando, nel mese di marzo dell’anno seguente, la revoca del 23% degli assegni. Una cifra certamente significativa se non fosse stata contraddetta, numeri alla mano, dall’allora ministro del Lavoro e delle Politiche sociali che, rispondendo a un’interpellanza parlamentare, certificò la percentuale di non conformità: su circa 100.000 controlli effettuati, soltanto nel 10,2% dei casi si era proceduto alla sospensione della pensione.

domenica 5 febbraio 2012

Il silenzio non è vuoto

Antonio Preziosi
Il rapporto tra “silenzio e parola” è un “aspetto del processo umano della comunicazione che a volte è dimenticato, pur essendo molto importante, e che oggi appare particolarmente necessario richiamare” perché si tratta di “due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone”. Nel messaggio per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali diffuso oggi dalla Santa Sede, Benedetto XVI ricorda che “quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato”. Per riflettere sul messaggio del Papa nel giorno della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il SIR ha intervistato Antonio Preziosi, direttore di Radio Uno, del Giornale radio Rai e consultore del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali.

Il tema del “silenzio”, al centro del messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, sembra essere apparentemente in contrasto con il “rumore” derivante dall’abbondanza di stimoli che provengono dai mass media...
“Rispetto al passato, l’avvento di internet e delle nuove tecnologie, propone un’offerta informativa massiccia e continuativa. Questo pone il problema di una più attenta valutazione delle notizie da parte di chi le riceve. Ecco perché il ‘lettore-ascoltatore-telespettatore-navigatore’, oggi ha bisogno di essere sempre più attento a selezionare e a valutare le informazioni che arrivano alla sua attenzione. C’è una bella frase di san Paolo che ha – a mio avviso – un valore universale: ‘Esaminate ogni cosa e trattenete ciò che è buono’. Io credo che valga per tutti, giornalisti e destinatari dell’informazione. Il silenzio, inteso come ascolto e concentrazione, aiuta questa pratica di discernimento”.

venerdì 3 febbraio 2012

I martiri del Novecento

Bernhard Lichtenberg
Quando la crescente follia nazista porta Adolf Hitler alla Cancelleria del Reich nel 1933, Bernhard Lichtenberg era stato nominato prevosto della cattedrale di Berlino da appena un mese. Secondo dei cinque figli del commerciante August e di sua moglie Emilie, Lichtenberg era nato ad Ohlau il 3 dicembre 1875 ed era stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1899 dal vescovo Georg von Kopp nel duomo di Breslavia. Oppositore del nazismo fin dalle origini, Lichtenberg viene considerato nemico del Reich e osteggiato dalle alte gerarchie del regime che lo additano come “combattente fanatico per la causa cattolica”. Nella preghiera serale in cattedrale, dopo il massacro compiuto dalle squadre della SS nella “notte dei cristalli”, Lichtenberg si rivolge ai presenti con queste parole: “Quel che è stato ieri lo sappiamo. Quel che sarà domani non lo sappiamo. Ma quello che è successo oggi l’abbiamo vissuto. Là fuori la sinagoga è in fiamme: anch’essa è casa di Dio”. L’autunno del 1941 è segnato da un inasprimento della persecuzione antisemita. Al volantino diffuso dal gerarca Goebbels per incitare all’odio razziale, Lichtenberg risponde con una lettera indirizzata ai fedeli: “Nelle case berlinesi viene divulgato un giornale che incita all’odio contro gli ebrei. Esso afferma che ogni cittadino tedesco che per supposta errata sentimentalità aiuta gli ebrei, anche fosse solo tramite una semplice compiacenza, compie un atto di tradimento verso il suo popolo. Non fatevi fuorviare da queste idee non cristiane ma agite secondo i comandamenti di Gesù Cristo: Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Nell’ottobre dello stesso anno Lichtenberg viene arrestato e tradotto nelle prigioni naziste. Nonostante le sofferenze e gli interrogatori, il sacerdote mantiene ferma la volontà di difendere la sua fede cristiana: “Se taciamo noi preti, la gente perde del tutto la bussola e non sa più dove si trova”. Deportato dalla Gestapo al campo di concentramento di Dachau, Lichtenberg muore il 3 novembre 1943 durante il tragitto spossato dalla fatica e dalla mancanza di medicinali.

giovedì 2 febbraio 2012

Oltre le apparenze. 'Avatar', un film "con la disabilità"


Avatar
Più che una pellicola di genere, Avatar è un'esperienza visiva. Sul fantastico pianeta di Pandora, ideato e realizzato da James Cameron in 15 anni di gestazione creativa, la forza delle immagini dirompe in una storia di scelte e sentimenti. Nel puntare sulla grandezza espressiva del cinema tridimensionale, "Avatar" sacrifica la complessità della trama a vantaggio di una sceneggiatura che trova nella citazione e nella narrazione diacronica la dimensione più vera.
Dalla spiritualità panica alla condanna delle guerre di conquista, dal potere della tecnologia al trionfo della natura: Cameron racconta un mondo alla rovescia in cui l'alieno e il diverso sono dentro di noi, si mescolano e si scambiano fino a confondersi. Ed è proprio un diverso il protagonista di "Avatar": diverso dagli uomini del suo mondo, perché vive su una sedia a rotelle; diverso dagli abitanti di Pandora, popolo extraterrestre dalla pelle azzurra e dal fisico imponente; diverso da se stesso, con quella doppia vita che il destino gli ha riservato. Per la prima volta, il cinema di Hollywood affida ad una persona disabile il ruolo di protagonista in un blockbuster internazionale. Non mancano, nella storia del cinema, esempi di pellicole più o meno riuscite sul tema della disabilità fisica: quasi sempre reduci, che sia della Seconda guerra mondiale ("Il mio corpo ti appartiene", 1950) o del Vietnam ("Nato il quattro luglio", 1989) poco cambia; talvolta artisti ("Il mio piede sinistro", 1989) o meccanici di nave inchiodati in un letto ("Mare dentro", 2004). A differenza di questi lungometraggi, accomunati dall'esigenza di mostrare le difficoltà di una realtà scarsamente conosciuta, "Avatar" non è un film sulla disabilità ma un film con la disabilità.

mercoledì 1 febbraio 2012

Il dono più grande. Intervista con Gian Franco Svidercoschi

Giovanni Paolo II
“Nella preziosa eredità di Giovanni Paolo II c’è, soprattutto, il dono della testimonianza personale. Papa Wojtyla II ha fatto esperienza radicale del Vangelo, fino alla fine dei suoi giorni. C’è una santità che non è ufficiale ma quotidiana vissuta nei rapporti con gli altri, nei contatti, nella malattia, nella sofferenza. Era un Papa capace di chiedere scusa se riteneva di aver sbagliato e aveva una dimensione umana strettamente compenetrata con la capacità di vivere Dio in ogni momento della giornata. Questa santità è forse la cosa più nuova che Giovanni Paolo II ha lasciato: una religiosità che tutta la gente può vivere, semplice e profonda”. 
Dopo la firma di Benedetto XVI del decreto sulle “virtù eroiche” di Giovanni Paolo II (sabato 19 dicembre), il SIR ha chiesto a Gian Franco Svidercoschi, vaticanista e biografo di Papa Wojtyla, una lettura personale del processo di beatificazione in corso. 

I tempi per la beatificazione sono stati relativamente brevi… 
“Benedetto XVI si è limitato a derogare dalla regola iniziale e, invece di aspettare 5 anni dalla morte per poter avviare il processo, ha dato il permesso subito. Per il resto, è stato seguito l’iter normale. Tenuto conto dell’universalità del consenso di Papa Wojtyla, il Santo Padre non poteva che fare così. Durante i funerali è stato evidente che Giovanni Paolo II è riuscito a parlare e farsi accettare anche da persone di altre religioni. Ancora oggi ci sono credenti di fede diversa che continuano a visitare la sua tomba. Per questo, era quasi scontato che il Pontefice abbreviasse i tempi del processo”.