martedì 20 dicembre 2011

Solidarietà sugli schermi

Terremoto a L'Aquila
6 aprile 2009, ore 3,32. Mentre L’Aquila dorme, un terremoto di magnitudo 6,3 della scala Richter devasta il capoluogo abruzzese e lascia dietro di sé un bilancio di morte: 308 vittime, circa 1.600 feriti e oltre 65.000 sfollati accolti in tendopoli, automobili, camper e alberghi della riviera adriatica. Nelle 48 ore successive alla scossa di maggiore intensità, la terra trema altre 256 volte di cui più di 150 nel solo giorno di martedì 7 aprile. La prima televisione che dà notizia del tragico evento è Rai News 24, che si collega telefonicamente con L’Aquila alle ore 4,31 di notte per trasmettere poi le prime immagini alle 5,35. Da quel momento, l’intero sistema mediatico si mobilita per raccontare il succedersi dei fatti e accendere i riflettori su quelle città ridotte a macerie. Prende il via la grande macchina televisiva, e con essa la rincorsa alla solidarietà per le popolazioni abruzzesi. Quando lo sgangherato circo dell’informazione apre i battenti, è difficile arrestarlo.

Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. (Levitico 19,17-18)
“Ascolti record in tutte le edizioni del Tg1 nella giornata del terremoto in Abruzzo”. È il principale telegiornale nazionale a celebrare dati, audience e percentuali di share. Nel corso dell’edizione serale, la conduttrice Susanna Petruni elenca per oltre un minuto le cifre raccolte all’indomani del sisma: numeri che spaventano e interrogano sulle logiche che regolano il servizio pubblico, mentre nella mente di tutti ricorrono i volti e i vuoti della devastazione.

martedì 6 dicembre 2011

Un passo in avanti. Intervista con don Giuseppe Costa

Don Giuseppe Costa
"In Italia, il libro religioso ha sempre seguito un percorso singolare. Quando le facoltà statali di teologia furono abolite nel corso dell'Ottocento, si sono aperte delle librerie religiose che commerciavano quasi esclusivamente testi liturgici e ancora oggi, in quelle laiche, è possibile trovare soltanto pochi libri di carattere religioso". In occasione della pubblicazione del saggio "Editoria, media e religione" edito dalla Libreria editrice vaticana (Lev), il SIR ha incontrato don Giuseppe Costa, direttore della Lev e curatore del volume, per riflettere sul momento che il libro religioso sta vivendo in Italia. "L'idea di un testo dedicato al rapporto tra editoria, media e religione nasce da un'osservazione di base: la centralità che il problema religioso ha assunto nel dibattito culturale. Da questo interesse - sottolinea don Costa - è nata la volontà di raccogliere i libri religiosi che hanno fatto storia, rivoluzione e cambiamento dall'epoca di Gutenberg ad oggi. Una storia dell'editoria ricostruita attraverso il libro religioso, visto come risposta alle istanze riformatrici di ogni epoca. Questa riflessione iniziale è stata poi estesa agli altri strumenti mediatici, cogliendo lo specifico di ciascuno di essi".

Don Costa, quali sono le caratteristiche del linguaggio religioso?

"Il linguaggio religioso rientra nei sottosistemi del linguaggio generale. È parlato dagli addetti ai lavori ma possiede anche una collocazione specifica all'interno del contesto linguistico. Pur essendo settoriale, non si può dimenticare la sedimentazione nel tempo e il radicamento nei riti e nelle singole coscienze. Come linguaggio legato ad un sottosistema, ha bisogno di essere studiato e usato correttamente. Come sottosistema di un linguaggio più generale, ha bisogno di essere ricollocato e interpretato alla luce delle caratteristiche che lo contraddistinguono. In ottica epistemologica, poi, è necessario valutare lo specifico di ogni medium: il blog religioso, ad esempio, è diverso da un diario spirituale scritto nel silenzio della propria camera".