domenica 5 febbraio 2012

Il silenzio non è vuoto

Antonio Preziosi
Il rapporto tra “silenzio e parola” è un “aspetto del processo umano della comunicazione che a volte è dimenticato, pur essendo molto importante, e che oggi appare particolarmente necessario richiamare” perché si tratta di “due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone”. Nel messaggio per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali diffuso oggi dalla Santa Sede, Benedetto XVI ricorda che “quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato”. Per riflettere sul messaggio del Papa nel giorno della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il SIR ha intervistato Antonio Preziosi, direttore di Radio Uno, del Giornale radio Rai e consultore del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali.

Il tema del “silenzio”, al centro del messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, sembra essere apparentemente in contrasto con il “rumore” derivante dall’abbondanza di stimoli che provengono dai mass media...
“Rispetto al passato, l’avvento di internet e delle nuove tecnologie, propone un’offerta informativa massiccia e continuativa. Questo pone il problema di una più attenta valutazione delle notizie da parte di chi le riceve. Ecco perché il ‘lettore-ascoltatore-telespettatore-navigatore’, oggi ha bisogno di essere sempre più attento a selezionare e a valutare le informazioni che arrivano alla sua attenzione. C’è una bella frase di san Paolo che ha – a mio avviso – un valore universale: ‘Esaminate ogni cosa e trattenete ciò che è buono’. Io credo che valga per tutti, giornalisti e destinatari dell’informazione. Il silenzio, inteso come ascolto e concentrazione, aiuta questa pratica di discernimento”.

Quale rapporto tra il silenzio e la professione giornalistica?
“Il tema del silenzio in relazione al giornalismo può essere valutato secondo un duplice significato. Uno è positivo ed è da suggerire. L’altro è negativo e va respinto con forza. Dal punto di vista positivo, il silenzio è l’atteggiamento di ascolto e di attenzione che il giornalista deve avere nei confronti dei suoi interlocutori. Ascoltare per poter raccontare – e per poter contraddire con cognizione di causa – è un dovere del buon giornalista. Dal punto di vista negativo, invece, il silenzio è sinonimo di omissione o di reticenza. Chi nasconde le notizie, chi non le racconta, chi preferisce il buio del silenzio alla luce della verità, tradisce la sua missione di giornalista”.

Regole dell’informazione e specificità dell’esperienza ecclesiale: come superare, da entrambe le parti, le incomprensioni?
“La parola chiave è ‘competenza’. Il giornalista che si occupa d’informazione religiosa deve potersi avvalere di una formazione e di una esperienza che lo portano a valutare i temi religiosi con piena autonomia di giudizio e con completezza. Rem tene, verba sequentur. Se conosci l’argomento, le parole seguiranno”.

Quali sono le regole alle quali si attiene nella gestione dell’informazione religiosa della sua testata?
“Applico le regole universali che valgono per tutta l’informazione, non soltanto per quella religiosa: il rispetto del pluralismo, della completezza e della immediatezza dell’informazione. Questo garantisce la costruzione di un’informazione corretta, attenta a tutte le sensibilità e sempre dalla parte degli ascoltatori, di tutti gli ascoltatori”.

Pubblicato in: Sir - 24 gennaio 2012

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