venerdì 18 febbraio 2011

Giocare d'anticipo. Intervista con Carlo Nanni

Don Carlo Nanni
"La sensazione di sentire che sotto i piedi non si ha la terra ma le sabbie mobili, può portare ad eccessi nei confronti di se stessi e degli altri". Riflettendo sul ruolo dell'educazione nella società contemporanea, don Carlo Nanni, decano della Facoltà di scienze dell'educazione della Università Pontificia Salesiana e consigliere spirituale dell'Uciim (Associazione professionale cattolica di dirigenti, docenti e formatori), condivide le sue impressioni in merito all'emergenza educativa che sfida "le difficoltà di vivere in profondità, superando paure, incertezze e complessità quotidiane". Frequentemente, dice Nanni, "i ragazzi avvertono un vuoto interiore, una ferita che non sanno rimarginare e che provoca sofferenza. In questo partecipano al disagio della civiltà con l'aggravante che, a differenza dell'adulto navigato e sperimentato, non sono in grado di fronteggiare la tempesta con uguale esperienza".

Qual è il suo giudizio sui recenti fatti di cronaca di Nettuno, dove un gruppo di giovani ha dato alle fiamme un immigrato indiano?
"Credo sia il punto di emergenza di qualcosa di più profondo e diffuso. Di fronte al disagio, si può reagire in modi differenti: implodendo e arretrando su se stessi; manifestando aggressività nella convinzione di trovare qualcosa di esterno su cui indirizzare il proprio malessere; fuggendo dalla situazione, vendendosi a qualunque forma di droga perché lo stordimento non fa sentire e pensare; oppure si può scegliere la strada più umana, prendendo coscienza della situazione e intraprendendo un processo di maturazione interiore. Vivere nel tempo diventa allora crescita, si acquista l'esperienza e si comprende che possono essere raggiunti obiettivi positivi. Quando ci si rende conto che i propri sogni si realizzano almeno in parte, è possibile accrescere l'autostima e la consapevolezza nei mezzi a disposizione".