mercoledì 1 giugno 2011

Emergenza educativa. Intervista con don Aldo Giraudo

San Giovanni Bosco
"L'urgenza educativa non può essere separata dal sentirsi prete, all'interno di una visione del sacerdozio che è quella di una persona che si consacra totalmente alla cura del suo popolo e che ha un forte senso della propria identità nell'attenzione alle persone e ai loro problemi. È questo il contributo di don Bosco, non un teorico dell'educazione ma un educatore, pastore e amico dei giovani". In occasione del 150° anniversario dalla fondazione della Società Salesiana, don Aldo Giraudo, docente di storia della spiritualità all'Università Pontificia Salesiana, parla al SIR dell'educazione e del sacerdote-educatore alla luce dell'insegnamento di san Giovanni Bosco. "Di fronte ad un problema concreto, con sguardo animato dalla carità e senso di responsabilità pastorale, non ci si può limitare alla segnalazione del problema ma bisogna sentirsi interpellati a rispondere" perché "l'educazione deve abbracciare l'uomo in tutte le sue dimensioni e non può essere ridotta ai processi educativi, alla competenza dell'educatore e al riferimento ad una filosofia pedagogica".

Il Papa nell'indire l'anno sacerdotale si è soffermato anche sul ruolo educativo del prete: in che modo dovrebbe essere svolto questo compito ?
"Don Bosco ricordava che i ragazzi di oggi sono gli uomini di domani e la società di domani rispecchierà il tipo di educazione che noi diamo oggi ai ragazzi. Questa urgenza la percepiva all'interno di una visione pastorale e missionaria, sul modello di prete che si sente responsabile di fronte a Dio di tutti coloro che incontra sul cammino. Anche l'oratorio non è soltanto un luogo in cui i giovani trovano un prete che si prende cura di loro dal punto di vista dell'istruzione religiosa e della cura sacramentale, ma è soprattutto casa che accoglie, scuola che prepara alla vita, parrocchia che evangelizza, cortile per incontrarsi e vivere in allegria.
È una visione gioiosa della vita, liberata da ogni ripiegamento. Oggi si deve guardare all'urgenza educativa in chiave vocazionale, con un'attenzione alla condizione concreta dei giovani. Occorre rispondere alle loro attese incoraggiandoli nella ricerca e nelle scelte. La dimensione religiosa si deve coniugare con l'immersione nella storia, in adempimento ai doveri di ciascun uomo: buoni cristiani e onesti cittadini".

In don Bosco è centrale il trinomio "ragione, religione, amorevolezza": come declinarlo con il principio educativo dell'autorità?
"Fatti amare se vuoi farti temere, fatti amare prima di farti temere e fatti amare piuttosto che farti temere. È questo il messaggio di don Bosco. L'amorevolezza è la chiave di tutto perché quando si conquista il cuore del ragazzo, allora si è conquistata autorevolezza. In questa dialettica, la figura dell'educatore è centrale e deve dimostrare grande padronanza di sé e rispetto totale nei confronti dei giovani. Il sistema preventivo salesiano offre proposte precoci di grandi ideali: formazione della mente e del cuore, cultura e catechesi, arte e musica. Processi ragionevoli inseriti in un sistema di valori cui ispirarsi". Nel recente forum sull'emergenza educativa promosso dal servizio Cei per il progetto culturale, si è parlato di bambini e di intellettuali. Come interpreta questo "accostamento"? "Se l'educatore è chiamato ad una presenza continua e amorevole, l'educando deve mostrare fiducia e confidenza. Quando il ragazzo si affida veramente, allora il successo educativo e spirituale è garantito. L'obiettivo non è educare oggi ma creare le condizioni affinché anche in futuro si possa parlare agli uomini di domani. Per fare questo, è necessario valorizzare i ragazzi e renderli responsabili dell'educazione dei loro compagni. Tuttavia, ricorda don Bosco, non bisogna mai imporre nulla ma dialogare in un clima di libertà. Ciascuno deve condurre un personale cammino di maturazione".

Don Bosco curava il linguaggio ben sapendo che se non fosse stato capito dai giovani avrebbe corso il rischio del fallimento. E oggi?
"Non basta amare, bisogna fare in modo che i ragazzi capiscano di essere amati. Si può parlare di un linguaggio dell'amore. Bisogna amarli nelle cose che loro amano e far sì che questo linguaggio sia compreso. L'educando recepisce i valori e le motivazioni attraverso l'amore dell'educatore. Il sistema repressivo è molto facile per gli educatori e difficile per i ragazzi. Il sistema preventivo invece è l'esatto opposto e l'educatore, scriveva don Bosco, deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo e ogni fatica per conseguire il suo fine che è la civile, morale, scientifica educazione dei suoi allievi. Il segreto del successo del sistema educativo salesiano è la capacità di adattarsi culturalmente e storicamente a contesti molto diversi. Funziona anche nei Paesi arabi perché non opera a livello di proselitismo ma si lavora su valori universali nel dialogo e nel rispetto reciproco".

Pubblicato in: Sir Italia n. 30 del 29 aprile 2009

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