lunedì 30 gennaio 2012

Non ci si deve abituare. Intervista con Cristiano Nervegna

Proteste contro la disoccupazione
"Il mondo del lavoro ha pagato e continua a pagare pesantemente questa crisi con la perdita di risorse, anche quando gli effetti sull'economia sembrano meno drammatici. Ritengo che i giovani siano la prova della fragilità del sistema-Paese perché, laddove servirebbe maggiore accompagnamento, il risultato è peggiore". Con queste parole Cristiano Nervegna, segretario nazionale del Movimento lavoratori Azione Cattolica (Mlac), commenta al SIR i dati diffusi il 17 dicembre dall'Istat nella "Rilevazione sulle forze lavoro del III trimestre". Dal Rapporto emerge che sono circa mezzo milione (508 mila) gli occupati in meno nel III trimestre 2009, su un totale di 23 milioni di lavoratori. Il tasso di disoccupazione maschile sale dal 4,9% del III trimestre 2008 al 6,4% nel III trimestre 2009, quello femminile passa dal 7,9% all'8,6%. Nel Nord si va dal 3,4% al 5,1%, interessando sia gli uomini sia le donne. Nel Centro il tasso di disoccupazione si porta al 6,5% dal 5,7% di un anno prima, con una crescita più sostenuta per la parte maschile. Nel Mezzogiorno il dato è dell'11,7%, sei decimi di punto in più rispetto al III trimestre 2008. Per la terza volta consecutiva aumenta la disoccupazione degli stranieri che, dal 6,9% del III trimestre 2008, arriva al 10,6%. Per quanto riguarda i giovani, il tasso di disoccupazione si porta al 23,5%. In questo trimestre, inoltre, neanche l'apporto della cassa integrazione è riuscito a compensare l'effetto della mancanza di lavoro che ha registrato anche una significativa flessione dei dipendenti a tempo indeterminato. Con Nervegna riflettiamo su questi dati.

I dati dell'Istat mostrano che i giovani sono una delle categorie più colpite…  "È impressionante la cifra della disoccupazione giovanile. Se la si confronta con altri dati europei si vede come la situazione dell'Italia, da questo lato, sia pesante. Veniamo da un periodo molto lungo di riforme delle politiche del lavoro e, quindi, credo si debbano collegare le scelte fatte in questi anni con un dato tanto negativo. Soprattutto mi sembra che questi giovani siano sempre più difficili da rappresentare da un punto di vista politico, sindacale e, in parte, associativo. Recentemente il professor Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss, ha scritto una lettera molto commentata nella quale invitava il figlio a lasciare l'Italia: probabilmente sono le generazioni precedenti che dovrebbero lasciare il Paese".

Quali sono le difficoltà di accesso al mercato del lavoro?  "Dai dati emerge una difformità significativa in base alle Regioni e alle categorie rappresentate.Le donne italiane e gli immigrati hanno un tasso di disoccupazione al di sopra degli uomini, anche per area geografica. Questo significa che in Italia ancora ci sono alcune latenti discriminazioni. Il Mezzogiorno, poi, non è ben descritto dai numeri dell'Istat e un movimento come il Mlac, molto presente nel Sud, può testimoniare che tanti giovani vivono sindromi di sfiducia tali che li spingono a non cercare nemmeno più lavoro e, quindi, non sono valutabili all'interno della rilevazione". 

Che misure si possono adottare per incentivare l'occupazione?  "Nella mia esperienza molti lavoratori che perdono il posto di lavoro, con o senza ammortizzatori sociali, quando provano a reinserirsi trovano un mercato ancora più fragile di quello da cui sono usciti. Questo significa che sono necessarie misure sistemiche perché il deperimento non è valutabile soltanto attraverso dati quantitativi ma chiama in causa la struttura stessa del mercato del lavoro che, con le iniziative prese in questi ultimi anni, non è cresciuta dal punto di vista dell'occupabilità. Nessuno chiede di tornare al contratto a tempo indeterminato, mito di una generazione, ma almeno delle forme d'incentivazione all'occupabilità vanno attuate".

Quali sono i passi per uscire dalla crisi?  "È fondamentale evitare in tutti i modi di uscire da questa crisi con le stesse misure con le quali siamo entrati. Deve essere un'opportunità di rinnovamento che, per il momento, risulta non colta. Anche se gli ammortizzatori sociali possono aiutare tante persone a passare il Natale, non sono una soluzione definitiva. Se non uscissimo da questa recessione con una verifica oggettiva delle misure sinora adottate e una riforma degli ammortizzatori sociali in termini di protezioni attive, temo che la crisi rimarrà tale e ci si abituerà ad essa invece di impegnarsi per superarla". 

Pubblicato in: Sir Italia n.87 del 18 dicembre 2009

Nessun commento:

Posta un commento